La Fisica è la disciplina depositaria di un metodo che insegna
Non solo tutti i processi tecnologici hanno le loro radici nella Fisica ma sempre più da essa è permeata la cultura moderna: vocaboli continuamente ricorrenti quali energia, entropia, massa e, dopo la Teoria della Relatività, anche quelle apparentemente più semplici quali tempo e spazio, solo nella Fisica trovano il loro significato preciso. FISICA
La fisica è una scienza che studia i fenomeni naturali fondamentali per stabilirne le cause e le leggi che ne regolano il comportamento.
Fenomeni naturali: eventi che accadono in natura (ciclo dell’acqua, terremoti, caduta di un corpo, maree, fulmini…)
Fondamentali: quelli che sono alla base di tutti gli altri fenomeni complessi.
Campi d’indagine della fisica:
Scienza: l’insieme dei tentativi volti a rispondere alle domande che l’uomo si pone circa la realtà naturale. Nasce dalla curiosità e dal desiderio di conoscere suscitato dallo stupore di fronte alla natura.
Scienza antica
Errori della mitologia e della filosofia
Il metodo adeguato allo studio della natura è il metodo sperimentale, basato sull’esperimento, sistematizzato nel XIV° secolo da Galileo. L’esperimento è la riproduzione in laboratorio, attraverso un modello, di un fenomeno al fine di verificare le origini e/o il comportamento del fenomeno, tramite opportune misure.
Interpretare un fenomeno: stabilire la causa che determina il fenomeno. Descrizione quantitativa: relazione matematica che lega le grandezze significative di un fenomeno. Grandezza fisica: qualsiasi proprietà dei corpi che risulti misurabile. Misurare: associare ad una grandezza fisica un valore numerico in base ad un’opportuna u.d.m. (unità di misura).
FASI DEL METODO SPERIMENTALE
Tecnica: insieme delle applicazioni, a scopo utilitario, delle scoperte scientifiche. La scienza e la tecnologia procedono insieme perché la prima si avvale degli strumenti messi a disposizione dalla tecnica. La scienza si propone di comprendere sempre più il reale, mentre, l’ingegneria di costruire “cose” le quali non sempre sono a beneficio dell’uomo. riepilogando
Ma attenzione!!! Spesso viene trasmessa sostanzialmente l'idea che la scienza sia un modo di guardare la realtà, più profondo dello sguardo che noi le rivolgiamo tutti i giorni, uno sguardo che ci fa conoscere come la realtà sia in se stessa e che ce lo mostra attraverso immagini esplicative vedi modello atomico: il nucleo è una pallina e gli elettroni palline più piccole che ruotano attorno. In altre parole, secondo questa idea di scienza, gli scienziati sono delle persone che guardano le stesse cose che guardiamo noi e nello stesso modo in cui guardiamo noi: solo, guardano meglio, con maggiore attenzione e più cura, soprattutto grazie agli strumenti di cui dispongono. Contro questa visione "ingenua" della scienza troviamo la tesi di Gaston Bachelard, epistemologo francese del Novecento. La sua tesi è che "c'è rottura e non continuità tra osservazione e sperimentazione", cioè tra momento prescientifico e momento scientifico propriamente detto. Tra conoscenza prescientifica, ovvia, istintiva, e conoscenza scientifica non esiste solo una differenza di grado, ma una differenza qualitativa. La differenza qualitativa è data dalla presenza del formalismo matematico. Fin quando non compare la matematica non compare la scienza. In realtà "si conosce ...contro una conoscenza anteriore, distruggendo conoscenze mal fatte... di fronte al reale, ciò che si crede di sapere chiaramente offusca ciò che si dovrebbe sapere". Pensare che la conoscenza scientifica sia una semplice prosecuzione dell'esperienza immediata e che il sapere sulla natura si espanda per semplice somma di nuovi dati è una pericolosa illusione che ci fa perdere di vista il reale dinamismo della coscienza umana. |
Ulteriore livello di approfondimento per il triennio Tratto dalla pagina http://www.ariannascuola.eu/joomla/la-filosofia-moderna/63-la-rivoluzione-scientifica/83-cosa-e-la-scienza.html alla quale si rimanda. [Le osservazioni fra parentesi sono del Prof. Ventilii] |
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Cosa è allora la scienza?
La scienza è una interpretazione
matematica dei dati osservati strumentalmente negli esperimenti, capace
di prevedere dati ulteriori
Questa definizione va esaminata
nelle sue singole componenti: 1) La scienza è una interpretazione: la scienza rappresenta uno dei modi possibili per l'uomo di rapportarsi al mondo; non è l'unico né il più fondamentale. Essenziale a questo proposito è l'opera del filosofo tedesco del primo Novecento Husserl La crisi delle scienze europee. In quest'opera la tesi di partenza è che esiste un mondo-della-vita che viene prima di qualunque ricostruzione scientifica che del mondo si può fare e che quindi la scienza non può strutturalmente pretendere di essere l'ultima parola sul mondo
2) La scienza è una interpretazione matematica: la grande potenza della scienza occidentale moderna, quella che la distingue sia dalla scienza classica sia dalle scienze apparse in altre regioni del pianeta Terra, è l'uso della matematica come strumento di analisi e di previsione.
Tutto ciò non è affatto ovvio né scontato. Per esempio, la matematica presso i pitagorici e presso i filosofi del Rinascimento aveva un valore simbolico:
Il passaggio decisivo si ha quando compare la nozione di funzione [y=f (x)] Il concetto di funzione sta alla base di ogni legge scientifica, ed esprime la costanza di un rapporto tra elementi che cambiano. È questa costanza che viene propriamente messa in risalto dalla legge scientifica e che viene propriamente conosciuta in essa.
3) La scienza è interpretazione matematica dei dati osservati strumentalmente. Lo strumento rappresenta il tramite essenziale tra l'osservatore e la realtà. Lo strumento può essere una semplice espansione di un organo di senso (per esempio: telescopio o microscopio) oppure uno strumento di misura.
Nel primo caso il problema teorico che si pone è il seguente: lo strumento altera o no la realtà, proprio nel momento in cui ce la presenta?
Si tratta dell'obiezione dei
filosofi aristotelici nei confronti del cannocchiale di Galilei. Nel secondo caso il problema fondamentale è quello dell'approssimazione: ogni misura è migliorabile, ma tale miglioramento si scontra con vincoli pratici e vincoli economici (migliorare di un fattore 10 la precisione in una misura può in alcuni casi significare un aumento della spesa per un fattore 100 o 1000; da qui il paradosso per cui il concetto di "precisione" nella misura è un concetto essenzialmente sociale)
Da un altro punto di vista lo strumento segna la nascita dell'aspetto "tecnico" della scienza. Nell'antichità si pensava che il sapere autentico dovesse essere puramente teorico (la parola teoria viene dal greco qeorein, che significa "vedere"); tutto quello che riguardava l'aspetto pratico era confinato nel limbo delle arti "meccaniche". Quest'ultima parola rimanda al verbo greco "mechanaomai" (= faccio, realizzo, ma spesso con una sfumatura negativa; il significato originale è infatti "stupisco", con artifici), e indicava il fatto che con particolari strumenti era possibile ottenere degli effetti capaci di stupire perché andavano "contro natura". Per esempio la leva apparteneva alla sfera della "meccanica" perché pemette di sollevare una pietra pesante (cioè imprimerle un movimento contrario a quello "naturale", che è di cadere) senza fare fatica.
Forse la traduzione migliore di
"meccanica" oggi sarebbe: "effetti speciali" (non a caso nel mondo
latino esisteva l'espressione deus ex machina, utilizzata
originariamente per indicare l'intervento "a effetto" di un dio che per
mezzo di meccanismi scenici particolari veniva calato sul palcoscenico
dall'alto e risolveva una intricata situazione) Ma questo significa anche che scienza e tecnica saranno da questo momento in poi due facce di una stessa medaglia, cioè dello stesso atteggiamento nei confronti della natura. [oppure no? vi sono ancora differenze ineliminabili: la scienza "studia" per diletto e la tecnica "applica" per interesse economico /materiale?]
L'esperimento non è un semplice guardare con attenzione una porzione di realtà che esisteva già prima. L'esperimento implica sempre una "ricostruzione" attiva di una parte della realtà, che viene sottoposta a condizioni preventivamente scelte dall'osservatore.
5) La scienza è interpretazione matematica dei dati osservati strumentalmente negli esperimenti, capace di prevedere dati ulteriori. La capacità di prevedere nuovi eventi è essenziale a qualificare ogni rapporto conoscitivo con il mondo circostante. Da questo particolare punto di vista, anche la fisica aristotelica può essere definita "scienza", perché anch'essa era in grado di realizzare previsioni. Il fatto è che il tipo di previsione realizzabile con una scienza basata sulle parole è enormemente meno preciso di quelle realizzabili con lo strumento matematico.
Come funziona la scienza
La scienza del positivismoLe radici storiche della posizione del senso comune sulla scienza vanno ricercate in buona parte nel positivismo ottocentesco, una corrente filosofica che può essere riassunta nei seguenti punti:
Il criterio fondamentale è quello di verificazione: una proposizione è scientifica se può essere verificata, ossia se è possibile "andare a controllare" che le cose stiano effettivamente così e non diversamente. La concezione positivista si ispirava alla meccanica newtoniana, che sembrava praticamente inarrestabile nella sua capacità di prevedere nuovi fatti e che funzionava come modello da imitare per tutte le altre scienze. Un episodio famoso che sembrò confermare in modo definitivo la validità della meccanica newtoniana fu la scoperta del pianeta Nettuno, e quella di Plutone. La scoperta di NettunoQuando l'astronomo francese Alexis Bouvard cercò di calcolare l'orbita di Urano (che era stato scoperto nel 1781 dall'astronomo inglese Herschel), scoprì che presentava delle anomalie, cioè delle deviazioni impreviste dall'orbita ellittica che avrebbe dovuto percorrere. Dopo molti tentativi di spiegare questo fenomeno, i matematici Le Verrier (francese) e Couch Adams (inglese) postularono l'esistenza di un altro pianeta più lontano, la cui attrazione gravitazione fosse in grado di modificare l'orbita di Urano, e riuscirono anche a calcolare la posizione presunta di questo astro. Sulla base di questo calcolo, nel 1846 l'astronomo tedesco Galle "scoprì" osservativamente il pianeta.
Lo stesso schema si ripetè nel 1930
per la scoperta di Plutone.
La concezione positivista però cominciò a sgretolarsi già nel corso dell'Ottocento. Il primo episodio fu la scoperta (o invenzione?) delle geometrie non euclidee. Fino a quel momento tutti avevano accettato come ovvio il fatto che fosse possibile una sola geometria, quella euclidea, basato sullo spazio a tre dimensioni, che a sua volta di basa su un postulato particolare. Nel 1825 due matematici, Bolyai e Lobacewski, seguiti poi da Riemann, scoprirono che era possibile costruire una geometria sensata anche senza questo postulato. Sorse allora il problema: perché dovremmo utilizzare la geometria euclidea? Chi ci garantisce che sia "vera" dal momento che anche le altre geometrie pensabili godono degli stessi caratteri di coerenza rigorosa?
Il dibattito filosofico su questo
problema fu molto intenso: alla fine del secolo scorso il fisico e
filosofo francese Poincaré giunse alla conclusione che la scelta della
geometria euclidea era dovuta esclusivamente a ragioni di "economia di
pensiero". In altre parole, la geometria eculidea è semplicemente la più
comoda per descrivere un mondo in cui gli oggetti sono stabili. Popper, Kunn e Lakatos
Popper è forse famoso al grande pubblico per la
polemica che ha mantenuto nei confronti della televisione, ma la sua
fama come epistemologo è legata a un importante libro del 1936, la
Logica della ricerca scientifica. Nella sua opera fondamentale, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Kuhn sostiene che esiste una alternanza di "scienza normale" e di "scienza rivoluzionaria". La prima vive nello sviluppo di un "paradigma"; la seconda esiste nel periodo, relativamente breve, in cui questo paradigma è stato cambiato dalla comunità degli scienziati.
È invece quello che è avvenuto alla fine dell'Ottocento quando sembrava che i fondamenti della fisica classica venissero messi radicalmente in discussione. In modo particolare in Italia gli esponenti del neoidealismo (Croce e Gentile) assunsero la crisi dei fondamenti come giustificazione della loro visione per la quale la scienza andava intesa come momento inferiore dello spirito. [ e con questa "idea" hanno pensato la riforma della scuola e anche del liceo "scientifico" che in quinta presenta 3 ore di storia e 3 di filosofia (stesse ore del classico) e 3 ore di matematica e 3 di fisica (solo un'ora in più del classico): fortuna che è scientifico!!! ] A cavallo dei due secoli si giocò così una partita decisiva per lo sviluppo della cultura italiana,che vide schierati da una parte Croce e Gentile [che tutti conoscono] e dall'altra importanti matematici di livello europeo come Peano ed Enriques [nomi che pochi conoscono e fra quei pochi nessuno sa che sono italiani: piemontese e toscano rispettivamente] .
Lakatos infine sostenne che un fatto di per sé non contraddice nessuna teoria, e comunque è possibile introdurre delle ipotesi ad hoc per rendere compatibile il fatto con la teoria. Arriva però un punto nel quale la complessità di questi aggiustamenti, invece che consolidare la teoria, fanno sì che essa venga abbandonata. Qual è questo limite? La decisione, a un certo punto, è arbitraria: si decide che è ora di interrompere la fiducia da accordare a una certa teoria. Questo contributo della pura e semplice decisione dà ragione al convenzionalismo (almeno in parte).
Il problema scientifico non viene mai
risolto definitivamente: esistono solo degli slittamenti. Attorno al nucleo esiste una cintura protettiva di ipotesi ausiliarie, ipotesi osservative e condizioni iniziali che hanno il compito di protegge il nucleo dalle critiche legate a osservazioni "falsificanti"
Tratto dalla pagina http://www.ariannascuola.eu/joomla/la-filosofia-moderna/63-la-rivoluzione-scientifica/83-cosa-e-la-scienza.html alla quale si rimanda per continuare |
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